C'è un sentimento d'acciaio, avvolto da un filo sottile, che va dalla testa al cuore e dal cuore al sesso. Ma non era quello che io provavo. Quello che io provavo era bisogno, e il bisogno non ha nulla a che fare col cuore.
“Come rompere le barriere di mentalità e di genere? È ciò che ci mostra lo spettacolo 14 chilometri, che per di più ha una durata adeguata a quanto vuole trasmettere. Non è il suo unico pregio: il suo sperimentalismo convince.”
José Vicente Peiró, Las provincias (critico teatrale)
In coproduzione con L’Istituto Cervantes di Milano e Assemblea Regionale Siciliana
In collaborazione con Università degli studi di Torino, Dipartimento di Lingue e
Letterature Straniere e Culture Moderne, il Teatro Círculo di Valencia e Casa di Quartiere Vallette / Officine Caos di Torino
14 chilometri
di José Manuel Mora
Traduzione italiana Marta Bevilacqua
Drammaturgia José Olmos e Marta Bevilacqua
Con Marta Bevilacqua
Spazio sonoro elettronico Giovanni Tripi
Chitarra e Loop Rocco Di Bisceglie
Disegno luci Ximo Rojo
Grafica Chiara Tessera
Costumi Monica Di Pasqua
Distribuzione e comunicazione e assistenza Paola Zoppi
Produzione Settembre Teatro
durata 60 minuti
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Sinossi.
14 chilometri è un monologo a tre voci
14 chilometri è uno spettacolo interpretato da una sola attrice, ma in scena ci sono tre personaggi
14 chilometri è la distanza che separa l’Africa dall’Europa
14 chilometri è lo stretto di Gibilterra
14 chilometri è il desiderio di poter essere un’altra persona
14 chilometri è il non poter scegliere da che parte stare. Nascerci e punto.
14 chilometri è la frontiera fisica e invisibile tra la nostra realtà e i nostri sogni
14 chilometri è la storia di un uomo malato e una ragazzina che desidera oltrepassare i 14 chilometri che la separano dal suo sogno.
“Fra visione eurocentrica e scheletri nell’armadio di un’Europa in piena decadenza, lo spettacolo invita a una riflessione profonda sul nostro
essere civili oggi, sulle nostre paure e i nostri sogni [...]. Un testo importante e imponente quindi, commovente e straziante, che porta al
suo interno tutte le nefandezze di un’Europa ormai ripiegata su sé stessa.”
(Giovanni Bertuccio, WhipArt)
“Sulla scena divisa da una recinzione di plastica trasparente, il personaggio si dibatte tra due spazi, il femminile e il maschile. Cambiando di
continuo costume, Marta Bevilacqua, interpreta da sola tutti i personaggi, fino ad arrivare a un finale drammatico che sottolinea
l’innocenza della ragazzina e la sua vita due decenni dopo. Dando luce a ogni piccola sfumatura, l’attrice costruisce il mondo intimo dei
personaggi, pieno di densità sessuale, dove alla fine sono tutti vittime. Sottolineiamo la sicurezza che trasmette l’attrice, piena di forza
e di furore interpretativo. È in grado di destreggiarsi nel monologo, nel mimo e in movimenti che appartengono più alla danza che al teatro.
Di certo, se il suo presente è promettente, il suo futuro è immenso."
(José Vicente Peiró, Las provincias)
La drammaturgia di José Manuel Mora.
José Manuel Mora (Siviglia 1978 è ormai tra i drammaturghi spagnoli contemporanei di rilievo nel panorama spagnolo e internazionale. l suo profilo e la sua carriera restituiscono l’immagine di un artista totalmente dedito all'attività teatrale: si forma come attore nel "Centro de Artes Escénicas de Andalucía", poi studia drammaturgia e regia alla "Real Escuela Superior de Arte Dramático" (RESAD) e si specializza presso "DasArts" (Advanced Studies in Performing Arts, Amsterdamse Hogeschool voor de Kunsten Olanda); è docente di drammaturgia nella "Escuela de Arte Dramático de Castilla y León"; scrive per la sezione teatrale de El Cultural (El Mundo); fondatore e direttore artistico del Centro di ricerca teatrale “Draft.Inn Theatre and Performing Arts”. Vince il premio Max nel 2016 con Los nadadores nocturnos. Mora è un drammaturgo che sperimenta confrontandosi con temi scomodi e impegnati. In un’epoca di crisi dei valori etico- politici, il suo teatro vuole risultare scomodo, sollecitare la riflessione e orientare verso l’impegno. Per lui, il messaggio politico e sociale, che il teatro può trasmettere, non è legato alla volontà di indottrinamento, ma al concetto di impatto sullo spettatore. C’è una differenza profonda infatti tra pamphlet e teatro politico impegno civile. Secondo Mora è quest’ultimo che spinge il pubblico a interrogarsi su ciò che vede accadere sulla scena, a porsi delle domande e forse infine a prendere una posizione personale, non mediata da giudizi. Questo tipo di drammaturgia parte da una verità soggettiva, dall'auto-destabilizzazione dello stesso autore, che non si limita a proiettare il messaggio sull'uditorio, ma mette in crisi anche se stesso.